Nei
primi mesi di vita, il cibo per il bambino è, oltre al nutrimento,
uno scambio relazionale totale con la madre. Lei trasmette i vissuti
emotivi attraverso la postura, gli atteggiamenti, il calore ed il
contatto in uno scambio di totale confluenza, senza confini. Il
bambino, in questa esperienza di attaccamento, può sentirsi accolto
e sperimentare un 'noi' positivo: è il primo 'noi' della sua vita,
dove lui esiste in relazione all'altro in uno scambio significativo.
Questo scambio è la base sicura per sviluppare la fiducia nei
confronti dell'altro. Il cibo, il latte materno è metafora della
relazione: se questa è buona, il cibo verrà accolto dal bambino con
gioia. Che cosa ricercare quindi nei primi mesi di vita del bambino,
quando lo si allatta? Vi sono tante dimensioni da portare alla
propria consapevolezza di mamma: l'intimità, quell'unicità nella
relazione che si crea quando entrambi si sentono al sicuro; la cura,
il tempo che si dedica ad un buon allattamento e all'ascolto dei
bisogni del bambino; la sicurezza e l'amore, che costituiscono
nutrimento relazionale e affettivo.
Quando il bambino cresce
e acquisisce autonomia nell'alimentazione, il momento del pasto può
essere un'occasione per sperimentare i suoi sensi: non solo il gusto,
ma anche l'olfatto, il tatto e la vista sono molto importanti. Dare
modo al bambino di mangiare da solo, anche se ancora non impugna bene
il cucchiaino, è per lui un momento di grande gratificazione e
crescita, verso l'individuazione e la conoscenza di se stesso.
Certamente è compito del genitore verificare che l'apporto di cibo
sia sostanzioso e nutriente e se tanto del cibo va sprecato negli
'esperimenti' del bambino, si può sempre aiutarlo a fine pasto e
imboccare qualche cucchiaio. Per i bambini un po' più grandi, parlo
dell'età prescolare e i primi anni delle scuole elementari, è
importante anche l'elemento visivo: un piatto non solo presentato
bene, ma dove il cibo è intero e non ancora mescolato. Molti bambini
infatti hanno difficoltà a mangiare se prima non identificano di che
cosa è composto il loro piatto. Allora per questo motivo è bene
lasciare per esempio le verdure ancora intere, oppure la carne, e
solo successivamente sminuzzarla per lui: non mi sorprendo quando
sento che tanti bambini vogliono per esempio la pasta separata dal
condimento, per poi mescolarla loro in un secondo momento. Poter
riconoscere gli alimenti è una richiesta più che legittima,
considerando che la maggior parte dei bambini non viene coinvolta nel
fare la spesa e nella scelta degli ingredienti dal mercato o dal
negozio. Un suggerimento che mi sentirei di dare, per chi ne ha il
tempo e il modo, è proprio questo: una volta alla settimana, andare
al mercato con il proprio bimbo, portarlo in contatto con gli
alimenti, mostrargli da dove vengono prima di comparire nel
frigorifero o sulla tavola di casa. Questo, oltre a gratificare il
bambino come ogni volta che lo si coinvolge nelle attività 'dei
grandi', lo renderà sicuramente più consapevole del mondo che lo
circonda.
"E se non ho
abbastanza tempo?" Beh a questa domanda, mi verrebbe da
rispondere con un'altra domanda, ad esempio "Che cosa ti occupa
tanto tempo nella vita, e come potresti ridurlo, in modo da dedicarti
ad attività di qualità insieme a tuo figlio?". Tutte le
stimolazioni di cui il bambino ha bisogno sono già nel mondo; alle
volte i genitori mi chiedono, stanchi, che cosa si possono
'inventare' per intrattenere il proprio figlio. Io rispondo sempre
che la cosa più stimolante per l'interesse del proprio figlio sono
proprio loro! Avete mai osservato i vostri bambini giocare? Noterete
presto che riproducono, nel gioco, certe caratteristiche o frasi
sentite dai genitori. I bambini sono ottimi osservatori e
tutto il loro mondo gravita intorno ai genitori: essere coinvolti
nella spesa è un'attività per loro stimolante e, di nuovo,
nutriente dal punto di vista relazionale. L'identità del bambino si
forma anche attraverso le scelte di cui la famiglia lo rende
partecipe, come il menù del pranzo o della cena. I bambini
percepiscono distintamente che dietro alla preparazione del cibo vi è
una componente di nutrimento affettivo e relazionale. In Italia, questo aspetto è molto presente nella nostra cultura:
le nonne ce lo hanno insegnato fin da piccolissimi con l'amore ed il
tempo che dedicavano alla preparazione dei pasti. Quando è
possibile, nella preparazione del cibo è buono coinvolgere il
bambino, nella misura in cui può esserne capace. Vanno messe da
parte tutte le pretese di perfezionismo e velocità: il bambino deve
sentirsi coinvolto e a modo suo contribuire allo svolgersi della vita
nella famiglia. L'obiettivo che il genitore si deve porre è creare
un senso di appartenenza, e non insegnare per filo e per segno le
regole del galateo per apparecchiare una tavola. Se per esempio il
bambino apparecchia, e lo farà sicuramente a modo suo, poi desidera
fortemente che questo suo gesto venga visto da tutti i membri della
famiglia - quindi bisognerà resistere alla tentazione di rifare il
lavoro al posto suo prima di sedersi a tavola per la cena.
Alcuni studi
hanno rilevato che attorno al tavolo della cucina si svolgono i momenti più salienti della vita della famiglia. 'Fare famiglia' nella quotidianità passa attraverso i momenti dei pasti: per molti bambini, questo è riconosciuto come fattore importante. Cenare o pranzare insieme seduti intorno al tavolo è un momento di condivisione, dove si costruisce il senso di famiglia e di appartenenza. Per un bambino che ha difficoltà ad assaggiare cibi nuovi, è molto stressante prendere parte alla cena sapendo che la conversazione verterà principalmente su di lui/ lei e che probabilmente si respirerà un'aria di tensione. Creare un clima positivo attraverso la conversazione, sulla giornata passata, sulle emozioni di ciascun membro della famiglia, favorisce il rilassamento del bambino ed una più facile accettazione del cibo che gli viene proposto. Il rifiuto del cibo può essere visto, sul piano relazionale, come un rifiuto a partecipare alla vita familiare, come una richiesta di attenzione e come desiderio di essere riconosciuto come persona distinta dal genitore, quindi con dei gusti e preferenze individuali.
I problemi ed i conflitti che sorgono a tavola sono indice dello stato d'animo dei membri della famiglia e del grado di piacere che provano a stare insieme. Ciò su cui gli adulti, responsabili del clima che si respira in famiglia, si devono focalizzare è trovare il tempo e modo per dedicare del tempo alla preparazione del cibo (possibilmente coinvolgendo il bambino, anche solamente nella scelta dei colori che desidera trovare nel piatto: questo infatti è un ottimo escamotage per garantire un apporto di tutti i nutrienti. "Scegli qualcosa di bianco, di rosa e di verde che desideri trovare nel piatto" è un gioco per il bambino, che si sente coinvolto al suo livello e accoglierà più felicemente il riso, il pollo e i fagiolini nel suo piatto; dirgli "Hai bisogno di carboidrati, proteine e fibre" significa metterlo di fronte ad un discorso che lui non può comprendere, rendendo frustrante il momento che precede il pasto). Un altro aspetto importante su cui lavorare è l'armonia del clima familiare, trovando momenti per parlare e anche discutere se vi sono questioni importanti, ma che non sia durante i pasti.
Ci sono tantissime sfaccettature che riguardando l'alimentazione nell'infanzia. Generalmente, prendendo come presupposto che il bambino apprende per imitazione e non per comprensione, mi sento di dire che le abitudini alimentari dei genitori si possono facilmente rispecchiare nei figli. Perciò trovo irrealistico cercare nei propri figli un comportamento che sia distante dal proprio. Questo significa avere una buona capacità di osservazione di se stessi, una buona consapevolezza del proprio rapporto col cibo, e di conseguenza un riadattamento delle proprie aspettative sui figli. Se il genitore usa il cibo come oggetto di punizione, premio o ricatto emotivo, non ci si può aspettare che il bambino sviluppi con il cibo un rapporto sano e men che meno, che mangi con serenità tutto ciò che gli viene proposto. Si chiederà infatti che cosa c'è dietro alla presentazione di quel cibo, e l'aspetto della nutrizione passerebbe in secondo piano così come quello del piacere, del gusto.
Anche in questo caso, se doveste incontrare nelle vostre famiglie delle difficoltà o dei blocchi nella sfera dell'alimentazione, vi consiglio di consultare un terapeuta di fiducia che possa aiutarvi a portare la luce sull'aspetto relazionale sottostante.
Per scrivere questo articolo mi sono lasciata ispirare dal libro "Ragazzi, a tavola! Il momento del pasto come specchio delle relazioni familiari" di Jesper Juul.