Il diverso ruolo di nonni e genitori nell'educazione dei bambini

18.03.2019

La figura del genitore ed il peso del suo ruolo nella vita dei figli è in continua trasformazione. Le situazioni che si possono incontrare sono le più svariate: dalla famiglia con un solo genitore, a famiglie dove uno dei due genitori si è risposato, situazioni in cui i genitori sono troppo impegnati per seguire passo passo la vita dei figli e delegano l'educazione a nonni o babysitter, fino al crescente trend dei genitori che si sottraggono dal proprio ruolo di guida per i figli, preferendo assumere nei loro confronti posizioni di amico o amica. Che cosa hanno in comune tutte queste situazioni? Dal mio punto di vista, in ciascuno di questi casi, declinato poi nei singoli e personali casi famiglia per famiglia, viene a mancare ai bambini una guida nelle esperienze di vita: possono sentirsi confusi o spaesati di fronte ad abitudini diverse che dipendono da chi si sta prendendo cura di loro in quel momento. Partendo dal presupposto che tutti, genitori, nonni, babysitter ed educatrici siano mossi da un amore verso il bambino e dal desiderio di fare del bene per lui o per lei, purtroppo spesso si può perdere di vista un fattore importantissimo nella crescita e nello sviluppo dei bambini: il loro bisogno di coerenza, fermezza e solidità dell'ambiente relazionale in cui il loro carattere e la loro personalità si vanno formando. Un bambino ha bisogno di tempo per consolidare abitudini e una volta che queste sono radicate, sono per lui fonte di grande tranquillità. Immaginate che l'abitudine per il bambino sia come un'ancora, un punto fermo dal quale lui può partire per esplorare la novità con una sensazione di sicurezza in se stesso. Cosa accade invece al bambino che passa da una casa all'altra, da una mano all'altra anche due o tre volte nell'arco di una sola giornata? Certamente questa esistenza frammentata ha bisogno di un filo da seguire, e questo filo risiede proprio nell'educazione che i genitori scelgono per crescere i propri figli. Quando le figure che ruotano intorno all'universo del bambino sono diverse, è fondamentale che i principi guida dell'educazione scelta dai genitori vengano comunicati e discussi con i nonni, le babysitter e chiunque ci sia in quel momento a prendersi cura del bambino. Si tratta di principi, non di regole ferree ed immutabili: in questo modo, ciascuno può sentirsi libero di declinarli alla propria maniera e allo stesso tempo il bambino ha un senso di continuità nel formarsi della sua identità e nelle relazioni di cui è circondato. I nonni sono una presenza preziosa nella vita dei bambini: introducono elementi fondamentali quali l'importanza della quotidianità e della lentezza. Molti ricordi che noi stessi, ora adulti, abbiamo dell'infanzia sono legati al tempo trascorso con i nonni e alle esperienze significative fatte insieme a loro. I nonni vengono da una tradizione più solida e da una maggiore esperienza di vita, che permette loro di avere dei valori più fondati: questa sensazione di solidità fa sentire i bambini a proprio agio, sono le fondamenta per sviluppare un senso di appartenenza alla famiglia. I genitori di oggi devono a mio avviso lavorare nella direzione della consapevolezza dei propri valori, e renderli espliciti ai propri figli e anche ai propri genitori, poiché potrebbero non coincidere, e questo è segno di maturazione e consapevolezza emotiva. Questo processo richiede tempo e spesso genitori e nonni possono scontrarsi: occorre prendersi il tempo da dedicare ad una buona e profonda comunicazione all'interno della famiglia. Il nuovo assetto di relazioni familiari permette di esplorare molteplici parti di sé, inclusii propri limiti. Vi sono limiti generali, che toccano la società e nel piccolo anche il nucleo familiare. Sono condizionati dalle regole non scritte che vigono in famiglia, per esempio nelle rispettive famiglie di origine dei genitori. Il rischio è di rimanere intrappolati in questi limiti se i genitori non sviluppano un sistema di valori personalizzati, individuabili solo lavorando su se stessi e sulla consapevolezza delle scelte fatte per l'educazione dei propri figli. Tutti i "si deve", "bisogna", "non si deve fare..." introiettati durante l'infanzia e più in generale la vita fino ad ora vanno metaforicamente espulsi e ri-masticati, in modo da poter essere assimilati dal genitore che ora li vive come valori propri e potrà trasmetterli ai figli attraverso i suoi gesti, abitudini ed azioni quotidiane più che attraverso le parole. I bambini riconoscono con facilità quando un genitore impone loro una regola attraverso parole vuote; conoscono bene la differenza tra questo e un rimprovero od un incoraggiamento sentiti, che il genitore comunica loro dal cuore e non solo dalla testa. Nel comunicare al bambino con il cuore, il genitore assume una posizione chiara, di chi conosce se stesso, gioca a carte scoperte mettendosi in relazione in prima persona con il figlio, ed esce dai dogmatismi del "Si deve" o "Si fa così". Il genitore si fa conoscere per ciò che è con le sue preferenze e particolarità e questo dà al bambino un senso di maggiore stabilità relazionale. Ora, tutto questo lavoro su se stessi e nella relazione con i propri figli risulterebbe inutile o comunque di scarso effetto se dall'altra parte non si lavora anche sulla comunicazione tra genitori e nonni. Quale tipo di comunicazione può fare bene alla famiglia? Sicuramente quella basata sull'espressione anziché sull'agito delle proprie emozioni. Che cosa si intende? Prendiamo per esempio la rabbia, che sotto forma di fastidio o frustrazione è spesso la più difficile da comunicare: un conto è dire "Mi sento arrabbiato, frustrato e calpestato nelle mie scelte" (comunicare ciò che sento) e ben diverso è puntare il dito verso l'altro dicendo "Tu mi fai arrabbiare perché non mi ascolti e fai di testa tua" (compiere un agito). Ho immaginato per questo esempio una situazione familiare in cui i nonni si sostituiscono ai genitori nell'educazione dei bambini, senza ascoltare le raccomandazioni basate sulle scelte genitoriali. Certamente i genitori dovranno essere fermi nel comunicare le proprie scelte e la direzione che intendono dare ai propri figli; questo non esclude i cambiamenti lungo il percorso: se si instaura una buona comunicazione, si possono trovare modalità educative che siano buone sia per i genitori sia per i nonni. Infatti, i nonni, che a loro volta sono già stati genitori, hanno sicuramente maturato più esperienza nell'allevare i figli, e sono perciò un'importante fonte di spunti educativi, spesso sono maestri dell'arrangiarsi con poco e conoscono rimedi casalinghi che è importante tramandare nella famiglia. Al tempo stesso alcune delle loro convinzioni sono sicuramente superate al giorno d'oggi, e con una buona comunicazione saranno i primi a rendersi conto che anche la genitorialità si è evoluta con l'evolversi della società. "Ai miei tempi non si sapevano tutte queste cose sui bambini!" è una frase che si sente spesso dire da nonni e nonne che al giorno d'oggi si confrontano con genitori alle volte molto preparati e seguiti da educatrici e pedagogisti per comprendere meglio l'universo del bambino. Nella quotidianità, dal mio punto di vista è importante dedicare un po' di tempo alla comunicazione specialmente nei momenti delicati che io chiamo 'il passaggio delle consegne': quando il bambino ha trascorso il pomeriggio insieme ai nonni o alla babysitter, il genitore che per primo rientra a casa è curioso di sapere che cosa è accaduto nella giornata del figlio. Dedicare tempo di qualità a questo momento, coinvolgendo anche il bambino in prima persona nel raccontarsi al babbo o alla mamma che sono stati assenti per lunga parte della giornata, rinforza i legami e dimostra da parte del genitore interesse e gratitudine verso la persona che si è presa cura del bambino. Sconsiglierei di relegare questo tipo di comunicazione ai momenti del pasto o dei pranzi in famiglia, poiché il bambino potrebbe sentirsi oggetto e non soggetto della relazione (esplorerò meglio questo caso nell'articolo sul tema dell'alimentazione).

Se dal punto di vista relazionale e della comunicazione emotiva la famiglia dovesse essere particolarmente disfunzionale, il mio consiglio è sempre quello di rivolgersi a psicologi e terapeuti che possono sbloccare la famiglia da una stagnazione che non produce niente di buono per i propri membri.

Per scrivere questo articolo mi sono ispirata al libro: "Eccomi! Tu chi sei? Limiti, vicinanza e rispetto tra adulti e bambini" di Jesper Juul.